Perfetti sconosciuti

“E da allora sono perché tu sei,
e da allora sei, sono e siamo,
e per amore sarò, sarai, saremo.”

Pablo Neruda

 Gli sconosciuti si incontrano

L’incontro iniziale, per certi versi, è ciò che decide il presente e il futuro di una coppia, infatti nessuna fase della coppia è importante quanto l’incontro iniziale, per comunciazione, atteggiamento, condivisione, scelte etc.  Nel momento in cui due persone decidono di stringere, tra di loro, un legame (dal termine latino “ligatio” che significa “fasciatura”, “avvinghiamento”, “legame”), molto spesso, sono ignari del bagaglio che il partner porta con sé, un bagaglio fatto di genitori, ambiente frequentato, scuola, religione di appartenenza, valori assimilati, ideali, convinzioni maturate e ignari, soprattutto, dell’effetto comunicativo che tutto questo bagaglio ha prodotto nel tempo nel partner. Le persone, per lo più, oggi sono convinte che prima bisogna conoscersi per, poi, instaurare una relazione (un vezzo per lo più femminile che, nell’approccio iniziale, porta la donna a enunciare frasi del tipo: “ma non lo conosco!” con aria tra la smarrita, l’imbarazzata e l’incuriosita ), ma la realtà ci indica che le cose stanno esattamente all’opposto, ossia che prima bisogna per forza relazionarsi, per poi conoscersi e accettarsi. La parola relazione è molto simile alla parola reazione, a distinguerle è una semplice “L” che sta per Libero Arbitrio, quindi la differenza tra la re-l-azione e la re-azione sta nella differenza che c’è tra un essere umano e un animale, per cui l’essere umano, si spera, abbia la facoltà di usare la scelta consapevole e la pro-attività per legarsi ad una persona, con tutte le conseguenze e gli effetti positivi della scelta consapevole, mentre la reazione è tipica dell’animale che re-agisce d’istinto e che, attraverso l’istinto, risponde all’ambiente o al calore della femmina. Se ci si riflette, molti umani non sono diversi dagli animali in tema di re-azione istintiva, soprattutto nel genere maschile.  Nel momento in cui due persone instaurano un incontro e, di conseguenza, un legame stanno, di fatto, instaurando una relazione di tipo affettivo, o sessuale, ma rimaniamo, in questo caso sulla relazione affettiva che è la base di un rapporto di coppia affettivo. Ma perché due persone decidono di legarsi e creare una coppia? Rispondo con le parole dell’immenso Jung: “La coppia è una comunità i cui membri hanno perso la loro autonomia senza liberarsi della solitudine.”, quindi di fatto due persone si incontrano per compensare la loro solitudine interiore, fallendo nella compensazione stessa, ma ovviamente le persone possono anche unirsi e relazionarsi per potere, o per istinti primordiali o, ancora, tra le numerose ipotesi, per sfida interiore (sono molte le persone si sfidano per riuscire a conquistare un partner) o peggio ancora, perché devono fuggire dalle famiglie di origine. Il fenomeno della solitudine è un leit-motiv che ritroviamo anche in Cechov il quale affermò: “se avete paura della solitudine non sposatevi” o in Erri De Luca il quale afferma: “Due non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine. Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato” a dimostrazione che il vuoto interiore è l’elemento di ricerca dell’unione e della tragica compensazione, dico tragica compensazione perché quando finisce quel trasporto emotivo iniziale, fatto di empatia, fremito, paura, gioia, estasi, poi, molto spesso le persone commettono l’errore di entrare nella coazione a ripetere, quindi nell’abitudine nociva. Studi psicologici in tema di coppia hanno dimostrato che una coppia che non ha più il vincolo affettivo, ma resta unita, non è più una coppia, bensì un tentativo di compensazione di bisogni primari o secondari. In definitiva sono due personalità a sé stanti che si «usano» per soddisfare altre sfere di personalità o per colmare eventuali sensi di colpa. Come un’iperbole senza fine, una volta entrati nella coazione a ripetere e nell’abitudine nociva viene a crearsi, spesso, l’invischiamento che non è altro che illusione di affetto.

Tornado alla comunicazione che si va a instaurare e che deve essere uno strumento di aggregazione in una coppia tra sconosciuti che si incontrano e che, per vari motivi, soprattutto di solitudine, decidono di unirsi, pensate a quanta importanza deve avere e su quali caratteristiche deve basarsi? Riflettete un secondo, cercate di visualizzare la situazione:

due sconosciuti si incontrano, ognuno porta il suo bagaglio, ognuno sta cercando inconsciamente di alleggerire la propria solitudine interiore e ognuno è un DNA ambulante, spesso alla ricerca dell’ “isola che non c’è” e nel tempo questi due decidono in cuor loro, se hanno superato il mare delle prove inziali, di sposarsi e avere anche dei figli, al che le cose si complicano ulteriormente arrivando altri elementi che debbono compensare la loro solitudine interiore.

In questa situazione, di fatto proviamo a vedere insieme quali sono un paio di strumenti di comunicazione più utili in una coppia

 

Due strumenti utili per gli sconosciuti che si incontrano

 L’atteggiamento giusto nei confronti del partner

Secondo l’Analisi transazionale, di Berne, vi sono 4 modalità di atteggiamento relazionale:

IO SONO OK/TU NON SEI OK: emerge un atteggiamento di superiorità e di sfida perenne, oltre che di critica dell’altro,. L’ascolto delle esigenze o delle richieste del partner è praticamente azzerato. La comunicazione ha toni accesi, di sfida, svalutativi, spesso aggressivi o provocatori.

IO NON SONO OK/TU SEI OK: emerge un atteggiamento di vittimismo, di considerarsi perdenti nati, e possono emergere anche comportamenti o posizioni relazionali in cui ci si considera capri espiatori. Qui l’ascolto è forzato, ma solo per dimostrare la propria inadeguatezza, quindi è un ascolto per autoconvincersi che si è sbagliati. La comunicazione ha toni dimessi, e, nel peggiore dei casi, è consenziente con le svalutazioni che si ricevono. Per rendere chiara l’idea al massimo: Fantozzi ne è un esempio tipico.

 IO NON SONO OK/TU NON SEI OK: emerge un atteggiamento distruttivo, di diniego totale. Le persone che assumono questo atteggiamento relazionale sono alla continua ricerca della propria inadeguatezza, adottano una comunicazione di diniego costante (sono le persone che iniziano i loro discorsi con un NO di squalifica e di risposta all’altro), e possono divenire fortemente critiche. Dato il fatto che si sentono fortemente inadeguate, possono anche attuare strategie di distruzione per entrambi.

IO SONO OK/TUSEI OK:  E’ l’atteggiamento più consono, più costruttivo, più adeguato ad un rapporto relazionale, di qualsiasi tipo: professionale, amicale, sentimentale. Nessuno ha questo tipo di atteggiamento come caratteristica genetica o competenza di base, ma va sviluppato con l’allenamento, con la costanza, con la determinazione a voler essere costruttivi perché si cerca e si riconosce l’affidabilità di entrambi, la credibilità di entrambi, la validità di entrambi. Siamo nella sfera del riconoscimento di sé e dell’altro come Stati dell’Io efficienti ed efficaci. La comunicazione è empatica, assertiva e si sta costantemente su un approccio di ascolto dei bisogni e delle richieste dell’altro.

Accettare gli incastri di comunicazione

Uno degli errori più frequenti e comuni è quello che di pensare che un uomo e una donna comunichino in modo similare, ma le cose non stanno esattamente così infatti una donna, spesso, comunica implicitamente. La donna, spesso, dà per scontato perché presuppone che la sua velocità di pensiero e la sua sintesi altissima siano le stesse doti dell’uomo. In realtà sono, per lo più, doti femminili.

La donna, spesso, pecca in chiarezza poiché con un discorso ne immette altri e questo può generare confusione, se non canalizzato. La donna esprime emozioni, sentimenti, perché prevalentemente è orientata sul sentire, sul vivere internamente, sulla sensibilità. La comunicazione femminile, spesso, manca di soggetti  e complementi oggetti, classico esempio: una donna vuole andare al cinema e dice al partner: “andiamo?” (l’uomo resta di stucco, a bocca aperta, perché non sa dove si deve andare, e, soprattutto, quando. La donna vedendo l’uomo smarrito può addirittura affermare: “quando ci arriverai sarà sempre troppo tardi!”)

Un uomo, spesso, comunica esplicitamente.  Non dà per scontato, ma è metodico. Ad uno deve seguire due. Può risultare troppo specifico o, quanto meno, troppo chiaro e netto. L’uomo parla notoriamente meno della donna, quindi ha meno pazienza nell’ascoltare. Spesso, in comunicazione, resta convinto delle sue credenze o idee. L’uomo parla poco perché, spesso, ritiene superfluo dire. L’uomo esprime, il più delle volte, concetti o soluzioni pratiche e presuppone che con due parole, come diceva il caro Totò, “ha detto tutto”. Se la donna omette soggetti e complementi oggetti, restando solo sui verbi, l’uomo diviene fin troppo ossessivo e puntiglioso in comunicazione.

Piccolo riassunto sulle diversità

L’uomo

  • In genere parla per scambiare informazioni
  • Tende a non rivelare i propri punti deboli
  • Manifesta una spiccata autonomia
  • Non desidera sentirsi dire che cosa deve fare
  • E’ più razionale
  • Evita il conflitto

La donna

  • In genere parla per approfondire l’intimità
  • Tende ad utilizzare i suoi punti deboli
  • Ricerca un coinvolgimento profondo
  • Cerca di capire le esigenze dell’altro per arricchire la relazione
  • E’ più emotiva, nel senso buono del termine, utilizza di più le emozioni

In defintiva, l’uomo spesso esercita la pressione sul capire, mentre la donna invece verte sul comprendere

Questa diversità di approccio dovrebbe portare i due partners alla complementarietà, ma,purtroppo, nella maggior parte dei casi, porta all’incomprensione, al conflitto, allo scontro, anche con risultati pesantissimi. Entrambi debbono sforzarsi di comprendere che sono dinanzi a due nature diverse che vanno costantemente accettate e allenate ad incontrarsi nel “mezzo” per poter dar vita a quell’amore tanto agognato da ognuno.

Il vero segreto è annaffiare costantemente la pianta affinchè sia sempre verde, perché se si smette di annaffiare, allora la pianta si secca, si entra nella coazione a ripetere e nell’abitudine nociva fino a far morire la pianta stessa

Mauro Amici

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *