Il mito in psicologia

“Mito” deriva dalla parola greca μύθος che significa parola, discorso, racconto, quindi un qualcosa che, attraverso la comunicazione, viene tramandato di generazione in generazione. Il mito è appunto il “Verbo” biblico che entra nella nostra famiglia arcaica e viene tramandato fino al nostro tempo, al nostro qui e ora, al nostro essere nel mondo.

I romani e i greci distinguevano due tipologie di miti:

1)      Gli dei, immortali e con una precisa collocazione nel cosmo e una specifica funzione;

2)      Gli eroi, figli un dio e di un genitore umano e che esprimevano, ognuno , un proprio dono, ossia bellezza, forza, coraggio, perseveranza,

Molti psicologi e psicanalisti di grande fama hanno studiato i miti e li hanno associati alle nostre proiezioni e ai nostri schemi mentali. Ma quello che veramente emerge da tutti questi studi, e dalle associazioni fatte nel tempo, è il ripetersi dei miti, che si tramandano di generazione in generazione, fino a costruire veri e propri modelli esistenziali e comportamentali, o mappe, come li definisce la PNL.

Farò un esempio di cosa vuol dire un mito che si esplica in un modo di essere e agire.

Parlerò del mito di Persefone e proverò ad associarlo ad uno schema abituale.

 Questa è la storia di Persefone nel mito greco

(da http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/persefone.htm):

Demetra, dea delle messi, aveva una figlia di nome  Core. Un giorno, Core mentre raccoglieva fiori, vide la terra aprirsi sotto ai suoi piedi e da essa uscì Ade, re dell’Oltretomba, sopra ad un carro trainato da quattro cavalli neri come la pece. Ade si era innamorato della fanciulla e, per questo era uscito dal suo nero regno per portarsela via con sé. Le grida di disperazione di Core si udivano ancora nell’aria,ma ormai essa era dentro la voragine,rapita dal feroce Ade.

Demetra in quel istante sentì le urla e dopo essersi vestita a lutto cominciò a vagare in cerca di Core. Vagò nove giorni e nove notti senza ottenere nulla e alla fine si recò da Elio, il sole, che aveva visto tutto quello che era successo.”Demetra, non cercare Core” disse ed aggiunse: “Tua figlia ora é la sposa di Ade ed il suo nuovo nome é Persefone”.Udite queste parole, Demetra, che era la più mite degli dei, emise un urlo talmente forte che di colpo tutti i fiori e le piante smisero di crescere. Dopo poco tempo la terra diventò un deserto e nulla valse la supplica degli dei… Demetra non si placò. Allora Zeus, ordinò ad Ade di riportare la fanciulla sulla terra, purché non avesse ancora mangiato il cibo dei morti. Persefone aveva ingerito solamente sei semi di melagrana,portati dal giardiniere Ascolaphus e così Ade dovette rassegnarsi. Appena giunse sulla terra, la fanciulla corse subito ad riabbracciare la madre Demetra che, immediatamente cessò la sua collera facendo tornare la terra verde e piena di fiori.

Zeus, allora, si avvicinò a Persefone, e le disse che ogni anno sarebbe dovuta rientrare nell’Oltretomba per sei mesi come sposa di Ade e, per ogni seme che aveva mangiato ci sarebbe stato un mese d’inverno. Gli altri sei mesi, ossia la primavera e l’estate, Persefone sarebbe tornata al mondo dei Vivi vicino a sua madre Demetra.

 

Questa storia, a mio parere, rappresenta sia il cambiamento, comune a tutte le donne nel passaggio da adolescente a donna, che il fortissimo legame madre/figlia.

In un primo momento si assiste a Core che raccoglie fiori (la purezza e l’ingenuità) ma che viene sorpresa dalla scoperta della sessualità (la paura, la passione e, infine, il senso di colpa che emergono dalla sessualità sono proprio fasi tipiche di chi vive la sessualità in modo condizionato), rappresentata da Ade. Sempre in questa prima fase c’è tutto il legame, ancestrale, madre/figlia e la difficoltà ad accettare, da parte della madre, l’evoluzione della figlia e il distacco che, inevitabilmente,ne consegue. La madre Demetra vive un vero e proprio lutto, tanto da soffrire 9 giorni e 9 notti al fine di accettare il cambiamento della figlia e la nuova relazione che dovrà impostare con lei.

Il dio sole (l’illuminazione o consapevolezza) comunica a Demetra di non di restare ancorata al suo vecchio modello mentale, rappresentato da una figlia pura e ingenua, ma di accettare il cambiamento di Core, che, giustamente, ha conosciuto il suo mondo sessuale e la dicotomia sofferenza/gioia che da esso ne deriva. La consapevolezza comunica, sempre a Demetra, il nuovo nome di Core, ossia Persefone, indicante proprio il passaggio da adolescente a donna. Quando viviamo un “lutto” muore una parte di noi, ecco perché nel mito non crescono più fiori ed erba, ma quando superiamo il lutto, allora tutto riprende a crescere a livello energetico e vediamo la vita con occhi diversi, con una gioia diversa. La consapevolezza è proprio la luce che entra in noi e ci apre le porte del risveglio e della rinascita spirituale, psicologica e fisica.

Nell’ultima parte del mito si assiste al nuovo legame madre/figlia, basato  non più basato su ingenuità e purezza, ma sull’accettazione dell’oscillazione tra bene e male che la vita, inevitabilmente ci presenta (primavera ed estate rappresentano il bene, autunno e inverno rappresentano il male, l’aridità).

Il problema è che molti legami madre/figlia restano ancorati al vecchio modello (la madre non riesce ad accettare il cambiamento della figlia), con conseguente dinamica di dipendenza psicologica tra madre e figlia.

Mauro Amici

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