Il potere dei mantra

Tutte le più grandi filosofie orientali, le quali hanno dato vita alle varie correnti religiose moderne, asseriscono, in una qualche forma e sostanza, che la Creazione dell’Universo, che noi abitiamo e viviamo quotidianamente, sia avvenuta attraverso una Persona Suprema che lo ha ideato e modellato attraverso il suono. La domanda che sorge spontanea è: “l’Universo è stato creato una sola volta o l’Universo è in continua creazione?”. La risposta la lascio al lettore dopo la lettura di questo articolo, il quale non vuole essere un atto di presunzione ne di illuminazione, ma un ragionamento sensato e un confronto con il lettore stesso.

La Bibbia asserisce che il “Soffio di Dio aleggiava sulle acque“, così come i Veda affermano che il primo essere creato, Sri Brahma, abbia recitato la Brahma Samhita, un canto trascendentale potente, per creare materialmente ciò che Krsna aveva ideato. La Kabbalah ebraica afferma che le lettere ebraiche sono il fondamento della Creazione materiale, da queste poi si è sviluppata la realtà per come noi la vediamo e la sperimentiamo. In definitiva le tre grandi correnti religiose sono, pressochè, concordi sul fatto che il Suono della Persona Suprema sia il fondamento della creazione materiale. Il suono, astratto, indefinito, come fattezza, diviene materia, come il pensiero, indefinito, diviene materia se scritto o agito nella materia stessa. Dal Caos alla Creazione, dal Nulla alla Realtà, da Dio a noi, che è l’unica Realtà, ma che diviene illusione se noi stessi la rovesciamo questa realtà, quando ci ostiniamo a guardare e ci rifiutiamo di vedere, quando ci incaponiamo ad udire e non vogliamo ascoltare, quando vogliamo divorare invece che assaporare, quando non ci vogliamo piegare al Grande Architetto dell’Universo, ma dobbiamo piegarci al nostro lavoro, alla nostra compagna, ai nostri figli, alla nostra immagine, alla malattia e persino alla morte fisica, inevitabile per tutti.

Mi sono più volte chiesto perché Alessandro Magno, preso da ambizione, ma con la tempra, insita in sé, derivante dal suo maestro Aristotele, si sia ostinato, al limite dell’ossessione, a voler sfidare sé stesso e la Grecia per  oltrepassare Gerico e Gaugamela e dirigersi verso Babilonia e, infine, oltrepassare l’Hindu-kush per approdare nel “paese delle scimmie”, così come veniva definita l’India dai Greci stessi. Dopo anni, la risposta, forse presuntuosa, è stata: “perché lì, in quella fetta di Terra, che va da Gerico all’India, c’era e c’è la Conoscenza“, quella Conoscenza che noi ricerchiamo costantemente, perché, apparentemente, si può anche rivolgersi alla Spiritualità per ricerca di ambizione o potere, ma la pulsione di fondo è sempre la “chiamata” interiore che, inizialmente, può essere anche sconosciuta, o poco chiara, ma che, col tempo, prende il sopravvento sull’ego materiale e volitivo. Altro elemento che scatenò, in giovinezza, la mia curiosità fu l’imperatore romano Augusto, colui che trovò una “Roma di mattoni” e la lasciò di “marmo”. Augusto costruì la sua immensa villa nei fori imperiali, con vista sul Circo Massimo. La Roma augustea era una Roma già “potenziata” dalle varie culture spirituali che aveva dominato e su questa onda Augusto fa costruire nella sua villa una piccola stanza, la più piccola dell’intera villa, dove soleva chiudersi per entrare in meditazione, anche alcune ore al giorno. “Un uomo di tale grandezza si rinchiude in una piccola camera di una villa che manifesta tutta la sua gloria? Perché?“, questa è stata la domanda che mi ha perseguitato per anni, dai tempi del liceo Classico. Nel tempo decisi che questa curiosità andava soddisfatta e allora, forse, inconsciamente presi Psicologia per rispondere a questa curiosità, ma con consapevolezza so che  decisi di studiare Kabbalah ebraica e i Veda per comprendere il potere dei mantra, e poi il Suono e la Grandezza della Persona Suprema che ha molti Nomi, ma che è sempre e solo Echad, ossia Uno. Il viaggio nella Kabbalah, prima, e nei Veda, poi, ha aperto in me un mondo che non si può spiegare a parole, perché, come diceva Jung, “ciò che si vive interiormente non lo si può spiegare”, soprattutto se si parla di stati di coscienza ed emozioni importanti. Ed è su questo punto che lo sforzo verso i mantra e verso la Conoscenza diviene necessario, perché lo sforzo deve essere la chiave per dissetare quella curiosità insita in tutti noi, anche nei più “dormienti”, verso l’Uno.

Questo Uno deve essere, a mio parere, la costante di colui che cerca, il quale deve comprendere, non capire, che ogni lingua, ogni religione, ogni forma di spiritualità, non è altro che Adonài, Krsna, Dio, Allah, che si manifesta nelle varie culture per come le culture di riferimento Lo possono comprendere. Dio comprende noi e, se vuole, si fa comprendere, ma non è vero l’esatto contrario, ossia che noi comprendiamo Dio. La comprensione gioca un ruolo fondamentale nella spiritualità, perché se ci limitiamo a voler capire, allora cadremo vittime del ragionamento deduttivo, fine a sé stesso e lesivo per la scalata che vogliamo intraprendere. Il comprendere deriva dall’ascolto ed è sull’ascolto che le iniziazioni e i mantra vengono impartiti per essere recitati e amati, si amati, perché l’amore per Dio, Krsna-prema, così come viene definito nella lingua sanscrita, parte dall’ascolto. L’ascolto è la chiave dei mantra, non la recitazione come molti credono, ma l’ascolto, ma si badi bene, non si sta affermando che la recitazione precisa sia inutile, ma diciamo che sta un gradino sotto l’ascolto. Nella spiritualità, a mio parere, siamo apprendisti a vita, perché l’apprendista ascolta e impara, ascolta e comprende, ascolta e diviene, ascolta ed è. Il Maha-mantra Hare Krsna si recita, ma soprattutto si ascolta, perché attraverso l’ascolto si arriva a Krsna, i mantra ebraici si recitano, ma solo attraverso le vibrazioni del suono delle lettere ebraiche si arriva alla Shekinà, ossia alla Luce che tutto pervade e, dalla Shekinà, al Tetragramma Divino che, visto in posizione verticale (il Tetragramma in verticale invece che in orizzontale) non è altro che la Persona Suprema, forse meno definita di Krsna, ma che sempre Lui è.  L’essenza risiede nel suono, per questo il Signore si presenta ad Abramo con “Ashèr Eyèh Ashèr” , ossia io “Sono Colui che Sono“, come se due essenze, due “Sono”, si specchiassero l’Uno di fronte all’Altro in una apparente dualità, che in realtà, nella vera Realtà, è Una sola come Essenza. Giocando con le parole possiamo anche comprendere come le parole facciano la Realtà, perché se a “Sono” si aggiunge una vocale “u”, allora può divenire “Suono come Suono”, ossia “Mi conoscerai solo attraverso il Suono, per comprendere Chi Sono”. Il Suono porta al Sono, come il Silenzio, grazie all’ascolto, porta alla Conoscenza, che non ha nulla a che vedere con la Sapienza, a cui andrebbe posta una Tav (lettera T ebraica) sulla fronte, per come scritto sulla Torah, a discapito dei Sapienti.

Il suono risiede nei mantra che hanno il potere di liberare l’essere umano da tutti quei “metalli pesanti” (concetto alchemico) che lo costringono ad essere schiavo della materia, per questo i mantra, oggi sempre meno conosciuti ed esplorati, hanno giocato un ruolo fondamentale nell’evoluzione spirituale dell’uomo, fin dai tempi remoti, così remoti che noi non possiamo neanche immaginarli.

La parola Mantra è una parola sanscrita che è composta da due parole:

  • La sillaba man significa “mente, pensiero, atto del pensare, intelletto, respiro, anima vivente;
  • La sillaba tra significa “che libera, che compie, che agisce, che protegge”.

quinti “mantra” è, a tutti gli effetti, uno strumento che ci aiuta a pensare e ci libera la mente, quindi un qualcosa che ci aiuta a dirigere il nostro pensiero e il nostro pensare al fine di uscire dalla trappola dei pensieri ripetitivi ed automatici, figli delle nostre abitudini e delle nostre mappe mentali creatisi da tempo immemore, sia per genetica che per nascita e crescita individuale. In definitiva, fin dai tempi antichi ci viene richiesto di governare il nostro pensiero attraverso i Mantra al fine di liberare la mente dalla coazione a ripetere e dall’illusione che la governa.

Il Mantra ha vari poteri, come vedremo di seguito, e ognuno di questi poteri è figlio dello stato di coscienza in cui siamo e a cui aspiriamo :

  • Raggiungere uno stato di rilassamento psicologico
  • Raggiungere uno stato di rilassamento fisico
  • Raggiungere uno stato di coscienza diverso e più “alto”
  • Raggiungere, addirittura, l’illuminazione (Se il Grande Architetto lo vuole)
  • Raggiungere persino Dio (ma questo livello richiede anche forti austerità e Servizio o Devozione alla Persona Suprema)

Il Mantra agisce, come una lama, su entrambi i lobi cerebrali, perché mentre con la recitazione si esprime, o una parola o una frase, in modo costante e ripetitivo, al fine di azionare il lato sinistro del cervello, così con l’ascolto noi entriamo nella comprensione, caratteristica del lato destro del cervello. Forse da questa differenziazione di può capire perché il capire è un gradino sotto il comprendere. Quella frase tanto cara a Gesù figlio di Giuseppe: “chi ha orecchie per intendere, intenda!” trova nei mantra la sua massima espressione perchè è proprio sull’ascolto che troveremo la spinta per elevarci. Il lavoro simultaneo di entrambi i lobi cerebrali porta alla nullificazione del pensiero, con il risultato di entrare in stati di coscienza diversi e più consoni alla nostra anima. L’anima, quella sposa che anela allo Sposo costantemente, come definito dal “Cantico dei Cantici” di Salomone o come stabilito dai Veda stessa, per cui l’unico Maschio, o Purusha, è Krsna, mentre noi e la realtà materiale siamo tutti femmine, “gopi” che anelano a Krsna.

In ultima analisi la domanda che era stata posta all’inizio di questo articolo, ossia se “l’Universo è stato creato una sola volta, o l’Universo è in continua creazione?” credo che abbia una risposta per entrambe le domande, insite nella domanda stessa, ma lascio al lettore la risposta per lui più adeguata e consona, in linea con il suo pensiero e il suo credo.

Mauro Amici

 

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